Dentro il palazzo della Regione |
Alla vigilia di questo unico confronto pubblico fra i cittadini, il Consiglio e la Giunta regionale, con i rispettivi presidenti, ci svolevano negare l'uso gratuito della Sala dei Notari, pretendendo che disoccupati e precari si facessero carico di un pizzo di 700 €!
Ci siamo visti costretti ad un'azione di protesta, ieri 19 febbraio, entrando nel Palazzo della Regione, pronti a restare barricati se non avessero garantito l'apertura delle porte della Sala dei Notari, sabato 22 febbraio, per il regolare svolgimento dell'Assemblea regionale.
Siamo rimasti dentro il Palazzo fino alle 13:30, mentre le contrattazioni telefoniche con il presidente Brega, che si trovava a Roma per impegni istituzionali, si susseguivano.
Le scuse accampate erano che bisogna evitare di creare un precedente, il presidente non poteva chiedere la sala per noi cittadini.
Pretesto puerile per mandare a monte il confronto pubblico.
Chiedevamo solo che ci venisse garantito l'uso gratuito, e che il Presidente intercedesse per noi, presso il Comune e quindi il sindaco Boccali, titolari della sala.
Alla fine, la protesta paga sempre, è arrivata la notizia che la nostra richiesta era stata accolta.
Con i giornalisti dentro il palazzo della Regione |
E come mai questa telefonata non è stata fatta nei mesi precedenti?
Come mai, alla vigilia dell'Assemblea, alla quale lo stesso Brega prenderà parte, ci viene notificato che la Sala non sarebbe stata concessa?
L'abbiamo spuntata, per cui ribadiamo ai nostri lettori che sabato 22 febbraio, presso la prestigiosa Sala dei Notari, un tempo Sala del Popolo, avrà luogo l'Assemblea popolare, un confronto pubblico senza precedenti fra i cittadini, Consiglio e Giunta regionale.
E vedremo chi non avrà il coraggio di presentarsi.
Saranno discussi i temi fondamentali che riguardano la nostra regione, dalle nuove tasse, tra le più care d'Italia, alla trasformazione della E45 in autostrada (progetto dall'impatto ambientale devastante), alla chiusura, smantellamento o delocalizzazione delle fabbriche, come la Merloni, l'Ast, la San Gemini; alle privatizzazioni dei servizi pubblici.
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