mercoledì 16 ottobre 2013

SUICIDI? ADESSO BASTA!

Ieri abbiamo ricevuto un commento all'articolo "Suicidi in tempi di crisi". Lo pubblichiamo e dedichiamo un'ampia risposta all'anonimo che ha voluto scriverci, ringraziandolo per la possibilità che ci concede di rispondere nel merito.



Anonimo 15 ottobre 2013 23:17
E' sempre triste sentirlo ma una domanda è d'obbligo. Cos'altro poteva fare? Io fra pochi mesi ho un rischio più che concreto di perdere il lavoro e non ho ammortizzatori. Non penso a gesti estremi nel breve periodo, almeno finché durano i risparmi e non mi sfrattano, ma nel medio-lungo periodo preferisco non pensarci. Voi, pur nei comprensibili limiti derivanti dall'essere un piccolo movimento, cosa gli avreste suggerito?
Saluti

Carissimo anonimo,

intanto piena solidarietà per le difficoltà che attraversi! So bene che è difficilissimo. 
Sono la portavoce del Comitato Promotore della Marcia della Dignità. 
Ho 35 anni, non ho un lavoro, la mia famiglia non può in nessun modo aiutarmi, non avrò pensione, se non quei 4 soldi della sociale, quando ci arriverò e non so in che modo. Non ho una casa, non ho risparmi da parte. 

Mi rifiuto categoricamente di pensare a gesti estremi come soluzione delle mie condizioni precarie. Sai perché? Perché non mi sento sola, non lo sono, non ho voluto esserlo. 
Intorno a me ci sono tante persone con le quali condivido la convinzione che assieme ed uniti possiamo abbattere questo sistema, che è morto, che non può essere trasformato, ma solo cancellato.
Per ogni persona che si suicida ce ne sarà un'altra che lo farà. 
Così facendo nulla cambierà mai. 
Sono fermamente convinta che il popolo unito può e deve porre fine a questo andazzo di cose. 
Un amico mi ripete sempre che il popolo si sveglia quando decide lui. 
E' ora! Non tutti lo hanno capito, e poi c'è ancora un po' di benessere diffuso, destinato comunque ad assottigliarsi.
La nostra Marcia vuole essere anche questo: un messaggio di speranza. 
Il dramma della nostra società malata è che ognuno è solo con il suo destino, abbiamo perso il senso della comunità, della solidarietà, il senso di appartenenza. 
Siamo noi stessi che ci priviamo della nostra Dignità nel momento in cui ci lasciamo andare, ci lasciamo sopraffare. 

Riflettiamo un attimo assieme: perché succede tutto questo? 
Non basta rispondere che c'è la crisi. Sarà anche la peggiore crisi dal '29, il problema è che prevale un deleterio nichilismo, un senso di impotenza, che è figlio dei tempi. 
L'idea che si possa costruire una società, certo non perfetta, ma sicuramente più equa e giusta, sembra morta, ma non lo è, bisogna solo riscoprirla.
Allora, che bisogna fare? Resistere, credere, lottare! Sollevazione!
Non c'è più spazio per la paura, per la vergogna, per l'impotenza.

Ti saluto caro anonimo, e ti invito a unirti a noi con tutta la tua famiglia non solo a marciare insieme il 9 novembre, ma anche e soprattutto a mettere la tua vita a disposizione della collettività.
Daniela Di Marco
3392071977



2 commenti:

  1. “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

    L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

    Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

    Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
    11 febbraio 1917
    Antonio Gramsci - Indifferenti

    Il suicidio non è la soluzione ai nostri mali!

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  2. Grazie per la risposta estesa, sono l'anonimo che ha scritto il messaggio. Sono arrivato qui seguendo un link da altro sito, abito molto lontano da voi quindi non mi è possibile unirmi.

    Ovviamente il senso della mia domanda era simile al "che fare" del ben noto rivoluzionario. Perché quando ad un essere umano, uomo o donna, togli i mezzi di sussistenza praticamente lo hai ucciso, anzi, lo hai suicidato. Osservo spesso questi casi, ad esempio come non ricordare l'uomo che anni fa si dette fuoco davanti a palazzo Chigi (se non sbaglio) e l'indifferenza delle istituzioni. Costoro sono forse migliori di Umberto I e Bava Beccaris? No! Come ho scritto io dispongo di un ammortizzatore personale costruito con fatica, altrimenti sarebbero guai seri. Sono i risparmi di due vite, dei miei genitori e la mia, sarebbero serviti come base di partenza per l'acquisto di una piccola casa se alcune cose non fossero andate per il verso sbagliato, serviranno invece per mangiare (Lagarde e prezzi permettendo). Posso andare avanti anche diversi anni, ma è sopravvivere, è una lenta agonia e resta sempre la domanda di fondo: "e poi?". Ovviamente la casa, a queste condizioni, non potrò mai più comprarla. Magari saltuariamente ritrovo lavoro, ma magari no. Anche mia madre ha la pensione di reversibilità di circa 490 euro, un importo che si commenta da sé. Ed è anziana, abbastanza autosufficiente ma per quanto ancora?

    Ovviamente occorre unirsi per lottare, nell'auspicio di avere più successo dei greci. Certo, non c'è di che stare allegri. Osserverò l'evolversi della situazione, poi vedrò.

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