giovedì 13 novembre 2014

«SEMO 'NA PONTA!»

Lavoratori Ast occupano l'Autostrada del sole. 12/11/14
"Semo 'na ponta", siamo in tantissimi!  Quest'affermazione dialettale, rimbalzava ieri tra le centinaia operai dell'Ast che occupavano, sotto la pioggia, l'autostrada del sole all'altezza del casello di Orte.  Non era infatti per niente scontato, dopo 22 giorni di sciopero prolungato, che le maestranze delle acciaierie di Terni, rispondessero con una simile, compatta combattività. Un segnale preciso, non solo alla multinazionale ThyssenKrupp, ma anzitutto al governo Renzi ed al suo atteggiamento ponziopilatesco.
Tutto era cominciato alla partecipatissima assemblea davanti alle portinerie, convocata per le 10:30. I segretari nazionali dei metalmeccanici, contrariamente a quanto annunciato, non si sono presentati. Un'assenza che contribuisce a scaldare gli animi in una mattinata fredda e piovosa. Parlano alcuni membri della Rsu, che non dicono nulla oltre quel che si sa già: malgrado la mediazione (ponziopilatesca) del governo e le parole rassicuranti di Delrio, l'azienda persiste nel suo atteggiamento di sfida. 22 giorni di lotta che sembrano essere serviti a niente...
Non è tuttavia la rassegnazione che prende il sopravvento. Il pendolo oscilla dall'altra parte, da quella della rabbia, della volontà e dell'azione. Lo zoccolo duro del fronte operaio, la numerosa e incazzata minoranza di giovani operai, rumoreggia, protesta, chiede di passare al contrattacco.  Alcuni delegati della Rsu raccolgono questa spinta —non possono fare altrimenti. parte un grido: "Tutti all'autostrada!". 

L'obbiettivo da colpire più vicino, a portata di mano, per far sentire che non si molla. Uno scatto spontaneo che non esprime, come dicono certi giornali, "disperazione", invece la consapevolezza che solo passando a metodi di lotta più duri ed eclatanti si può piegare l'avversario.

Così l'assemblea si scioglie e un flusso enorme di lavoratori si muove per andare tutti, ognuno coi suoi propri mezzi, ad occupare l'A1. Appuntamento "davanti al porchettaro".

Dopo un'ora al casello si era già in tantissimi. Non era per nulla scontato. Ci si sente forti. Così si supera di slancio il casello per invadere l'autostrada (poliziotti già presenti, ma ben attenti a non assumere alcun atteggiamento provocatorio).

Altri operai arrivano, anche dopo, a gruppetti, a rendere ancor più massiccio il blocco. Nessuna intenzione di mollare, di limitarsi ad un blocco simbolico, come accadde il 31 luglio scorso

"Da qui non ci muoviamo fino a quando non non sbloccano loro!". 
Ed infatti dopo quattro ore, alle 17:00, arriva la notizia che il governo riconvoca per il giorno dopo (oggi) il tavolo negoziale.

Così si decide di tornare ai presidi, o a casa, per quelli che ai presidi non sono di turno. Domani è un altro giorno.

A1: lavoratori Ast occupano le carreggiate
La multinazionale non ha intenzione di retrocedere, approfittando della posizione "arbitrale" del governo Renzi. I sindacati non solo non hanno una proposta chiara per chiudere eventualmente la partita —e la sola che abbia un senso è quella della nazionalizzazione dello stabilimento—, non hanno la volontà di generalizzare il fronte di lotta. La busta paga di novembre sarà falcidiata. E' arrivato l'inverno. Tenere i presidi e i blocchi alle portinerie ed all'uscita delle merci 24 h su 24 è un impegno gravoso, tanto più in un contesto generale sia segnato dalla pace sociale e da un diffuso pessimismo riguardo al futuro.


Malgrado tutto ciò, malgrado almeno un migliaio tra operai e impiegati (su circa 3mila) si tenga alla larga dalla lotta e non aspetti altro che la fine dello sciopero, dopo tre mesi e mezzo di lotta e 22 giorni di sciopero prolungato, il sentimento prevalente è quello di RESISTERE, di non mollare.


Cè insomma qualcosa di grande, e di commovente in questa vicenda.
Ci si chiede ai presidi: andrà a finire come nel 2004? Quando venne persa la battaglia sul "magnetico"? Avremo un nuova sconfitta? La forza dispiegata verrà gettata al vento?
Non è detto. Forse avremo delle sorprese.

L'esito non è affatto già scritto. Molto dipende se quello che abbiamo chiamato lo "zoccolo duro", invece di spingere da dietro sindacati e sindacalisti, saprà prendere presto la testa (politica) della battaglia.
La questione del "Comitato di lotta". 
Sappiamo che un simile salto non si fa tutto d'un botto, che spesso occorrono anni affinché i lavoratori di una grande fabbrica producano e si riconoscano in nuovi capi e portavoce.
Lo sappiamo, ma sappiamo anche che qui sta la chiave di tutto.


Fonte: sollevAzione

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