di Daniela Di Marco e Vincenzo Baldassarri
IN VISTA DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEI PRESIDI E DEI COMITATI DEL MOVIMENTO 9 DICEMBRE, CHE SI SVOLGERA' A FIRENZE IL 16 FEBBRAIO
Non era necessario essere delle aquile per capire che, come ogni movimento, anche quello partito nelle strade il 9 dicembre scorso, avrebbe avuto, dopo il picco di mobilitazione, una discesa.
Già dopo due settimane di presidi esso ha iniziato a scemare. Ciò ha prodotto e non poteva non produrre, tra i tanti cittadini mobilitatisi e gli stessi attivisti di prima linea, una certa disillusione. Ma chi si illude è inevitabile che si disilluda.
Era impensabile, per chi appunto aveva senso della realtà e piedi per terra, che il movimento sarebbe stato talmente forte da tenere in piedi i presidi fino alla caduta del governo e addirittura a "mandare tutti a casa", ovvero sciogliere il Parlamento.
Noi riconsciamo al Coordinamento nazionale che ha promosso la mobilitazione del 9 dicembre la "lucida follia" di aver proclamato la "rivoluzione italiana". Decine di migliaia di cittadini sono usciti dal letargo e si sono gettati generosamente nella mischia anche grazie a questo "pazzesco" proclama.
Dietro a questa adesione spontanea, quasi istintiva, c'è tutta la rabbia diffusa contro le politiche di austerità, ma anche la disperazione di quegli strati sociali che proprio quelle politiche hanno gettato sul lastrico.
Dato a Cesare quel che è di Cesare, riconosciuti i meriti di portavoce come Ferro, Calvani e Chiavegato, è venuto il momento di ragionare e di tirare un bilancio e di verificare se, al di là dei fattori oggettivi che spiegano il rinculo delle mobilitazioni, non ci siano anche responsabilità dei leader nazionali.
Queste responsabilità ci sono, e come!
Il riflusso, abbiamo detto, ci sarebbe stato comunque, ma lo sfascio del Movimento si poteva e doveva evitare. Se l'offensiva va a sbattere contro le preponderanti forze del nemico, occorre evitare la ritirata, quindi impedire una rotta disordinata. Il Coordinamento nazionale è stato del tutto inadatto ad organizzare questa ritirata ordinata ed ha anzi favorito lo sfascio. I leader nazionali si sono rivelati del tutto incapaci di svolgere un adeguato ruolo di direzione. Avevano solo il "piano A" ("tutti a casa!") non un "piano B".
Dopo una settimana di proteste il Cordinamento nazionale si è così diviso in due tronconi.
Da una parte c'è Danilo Calvani, che ha continuato a urlare che occorreva insistere nell'assalto, sostenendo che la vittoria era vicina, di qui la manifestazione di Roma del 18 dicembre, strombazzata come se fosse una specie di Giudizio universale.
Dall'altra parte ci sono i Ferro, i Chiavegato e gli Zanon i quali, consapevoli del carattere velleitario dei proclami di Calvani, si sono dissociati dall'iniziativa, ma non hanno saputo proporre altro, né hanno avuto il coraggio di dire che una ritirata era necessaria, e quindi organizzarla per non disperdere le fila.
Tutti quanti, forse esaltatisi dalla morbosa attenzione mediatica, si sono montati la testa. Hanno rilasciato una messe di interviste, non concordandosi tra loro, dicendo le cose più diverse e strampalate, spesso dimenticando la stessa piattaforma in sette punti dalle quale la mobilitazione ha preso le mosse.
Il Movimento è rimasto senza testa e senza direzione, ciò che ha favorito la dispersione e il disincanto.
In questo contesto il Comitato di cui facciamo parte, quello di Perugia (uno dei più attivi e l'unico che non ha subito spaccature), già il 16 dicembre, in seduta plenaria, approvò una mozione, che tra l'altro affermava:
Questa richiesta venne inoltrata non solo a Ferro ma anche agli altri leader nazionali. Non venimmo ascoltati. Sordità pressoché totale. Ci scontrammo con una concezione notabilare e verticistica del movimento. Questa sordità, assieme ad altri indizi, fece sorgere in alcuni il sospetto che non è tutt'oro quello che riluce, che dietro ad alcuni dei leader nazionali ci fossero dei pupari che li muovevano come pedine (promettendo loro qualche poltrona?), che fosse cioè in atto un tentativo di eterodirezione del Movimento 9 dicembre, che pezzi del sistema stavano tentando di manipolare il Movimento per i loro loschi fini.
In questa circostanze l'8 gennaio, decisi a difendere l'autonomia del Movimento e a dargli continuità, rompemmo ogni indugio. A Perugia approvamo e quindi diffondemmo un comunicato dal titolo IL MOVIMENTO DEVE VIVERE, E VIVE SE RAGIONA E LOTTA che così si concludeva:
Questo appello è stato presentato all'assemblea di Padova, il 19 gennaio, in cui si sono ritrovati i rappresentanti di 16 presidi del centro-nord, che lo hanno sottoscritto in pieno.
In pochi giorni abbiamo ricevuto altre adesioni inattese, contando almeno una trentina di presidi e comitati. Tenendo conto delle esigenze generali, si è deciso di posticipare l'assemblea nazionale a domenica 16 febbraio a Firenze con inizio alle ore 10:00 (presso ex Scuola E. Morante, Via G. Orsini 44. Zona Firenze Sud).
Un'assemblea molto importante, che dovrà riordinare le fila del Movimento, indicare le prossime iniziative di lotta e, soprattutto, assicurare la sua indipendenza. A questo scopo dovrà essere ribadita e precisata la piattaforma iniziale, si dovrà decidere come costruire una più larga alleanza, se, come anche noi pensiamo, occorre dare vita ad un vasto, plurale ma unitario Comitato di Liberazione Nazionale che raccolga tutte le forze sociali e politiche che vogliono cacciare la casta di ladri, riconsegnare al popolo piena sovranità, uscire dalla gabbia dell'Euro(pa), difendere e applicare la Costituzione.
Non ci facciamo facili illusioni. Sappiamo che sarà un'assemblea difficile, tante saranno le voci, le idee, le critiche, le istanze. Tutti saremo chiamati ad una grande prova di maturità, ad ascoltare e ad essere ascoltati.
IN VISTA DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEI PRESIDI E DEI COMITATI DEL MOVIMENTO 9 DICEMBRE, CHE SI SVOLGERA' A FIRENZE IL 16 FEBBRAIO
Non era necessario essere delle aquile per capire che, come ogni movimento, anche quello partito nelle strade il 9 dicembre scorso, avrebbe avuto, dopo il picco di mobilitazione, una discesa.
Già dopo due settimane di presidi esso ha iniziato a scemare. Ciò ha prodotto e non poteva non produrre, tra i tanti cittadini mobilitatisi e gli stessi attivisti di prima linea, una certa disillusione. Ma chi si illude è inevitabile che si disilluda.
Era impensabile, per chi appunto aveva senso della realtà e piedi per terra, che il movimento sarebbe stato talmente forte da tenere in piedi i presidi fino alla caduta del governo e addirittura a "mandare tutti a casa", ovvero sciogliere il Parlamento.
Noi riconsciamo al Coordinamento nazionale che ha promosso la mobilitazione del 9 dicembre la "lucida follia" di aver proclamato la "rivoluzione italiana". Decine di migliaia di cittadini sono usciti dal letargo e si sono gettati generosamente nella mischia anche grazie a questo "pazzesco" proclama.
Dietro a questa adesione spontanea, quasi istintiva, c'è tutta la rabbia diffusa contro le politiche di austerità, ma anche la disperazione di quegli strati sociali che proprio quelle politiche hanno gettato sul lastrico.
Dato a Cesare quel che è di Cesare, riconosciuti i meriti di portavoce come Ferro, Calvani e Chiavegato, è venuto il momento di ragionare e di tirare un bilancio e di verificare se, al di là dei fattori oggettivi che spiegano il rinculo delle mobilitazioni, non ci siano anche responsabilità dei leader nazionali.
Queste responsabilità ci sono, e come!
Il riflusso, abbiamo detto, ci sarebbe stato comunque, ma lo sfascio del Movimento si poteva e doveva evitare. Se l'offensiva va a sbattere contro le preponderanti forze del nemico, occorre evitare la ritirata, quindi impedire una rotta disordinata. Il Coordinamento nazionale è stato del tutto inadatto ad organizzare questa ritirata ordinata ed ha anzi favorito lo sfascio. I leader nazionali si sono rivelati del tutto incapaci di svolgere un adeguato ruolo di direzione. Avevano solo il "piano A" ("tutti a casa!") non un "piano B".
Dopo una settimana di proteste il Cordinamento nazionale si è così diviso in due tronconi.
Da una parte c'è Danilo Calvani, che ha continuato a urlare che occorreva insistere nell'assalto, sostenendo che la vittoria era vicina, di qui la manifestazione di Roma del 18 dicembre, strombazzata come se fosse una specie di Giudizio universale.
Dall'altra parte ci sono i Ferro, i Chiavegato e gli Zanon i quali, consapevoli del carattere velleitario dei proclami di Calvani, si sono dissociati dall'iniziativa, ma non hanno saputo proporre altro, né hanno avuto il coraggio di dire che una ritirata era necessaria, e quindi organizzarla per non disperdere le fila.
Tutti quanti, forse esaltatisi dalla morbosa attenzione mediatica, si sono montati la testa. Hanno rilasciato una messe di interviste, non concordandosi tra loro, dicendo le cose più diverse e strampalate, spesso dimenticando la stessa piattaforma in sette punti dalle quale la mobilitazione ha preso le mosse.
Il Movimento è rimasto senza testa e senza direzione, ciò che ha favorito la dispersione e il disincanto.
In questo contesto il Comitato di cui facciamo parte, quello di Perugia (uno dei più attivi e l'unico che non ha subito spaccature), già il 16 dicembre, in seduta plenaria, approvò una mozione, che tra l'altro affermava:
«... (3) La divisione avvenuta in seno al Coordinamento nazionale ha messo in luce quanto questo Coordinamento sia disorganizzato, inadeguato, e incapace di indicare la strada che il Movimento dovrà seguire. Giusto stigmatizzare i proclami roboanti e velleitari di Danilo Calvani, ma altrettanto necessario
criticare i tentennamenti e le ambiguità degli altri coordinatori.
(4) Gli attivisti, i comitati locali che sono stati la spina dorsale della mobilitazione, non possono essere considerati un gregge, vanno invece chiamati a discutere e decidere come proseguire la lotta.
(5) Chiediamo quindi ai coordinatori nazionali di convocare immediatamente un’assemblea nazionale di tutti gli attivisti da svolgersi entro la fine dell’anno.
(6) Ove i coordinatori non accettassero questo nostro invito, non resta che
la via dell’autoconvocazione dal basso. Facciamo appello ai Comitati locali a
sostenere la nostra proposta.
L’Assemblea plenaria del Comitato 9 dicembre di Perugia - 16 dicembre 2013»
Questa richiesta venne inoltrata non solo a Ferro ma anche agli altri leader nazionali. Non venimmo ascoltati. Sordità pressoché totale. Ci scontrammo con una concezione notabilare e verticistica del movimento. Questa sordità, assieme ad altri indizi, fece sorgere in alcuni il sospetto che non è tutt'oro quello che riluce, che dietro ad alcuni dei leader nazionali ci fossero dei pupari che li muovevano come pedine (promettendo loro qualche poltrona?), che fosse cioè in atto un tentativo di eterodirezione del Movimento 9 dicembre, che pezzi del sistema stavano tentando di manipolare il Movimento per i loro loschi fini.
In questa circostanze l'8 gennaio, decisi a difendere l'autonomia del Movimento e a dargli continuità, rompemmo ogni indugio. A Perugia approvamo e quindi diffondemmo un comunicato dal titolo IL MOVIMENTO DEVE VIVERE, E VIVE SE RAGIONA E LOTTA che così si concludeva:
«Sarebbe un crimine, mentre abbiamo verificato la simpatia popolare verso la nostra battaglia e quanta rabbia covi tra i cittadini, vanificare quanto abbiamo fatto e disperdere le nostre energie.
Davanti alla sordità colpevole dei portavoce nazionali non c’è altra via che AUTOCONVOCARE questa ASSEMBLEA NAZIONALE.
Non possiamo stare collegati solo attraverso internet.
Dobbiamo conoscerci, guardarci negli occhi, quindi tirare un bilancio, indicare la prospettive e rilanciare la lotta, ed eleggere democraticamente un rappresentativo e unitario COORDINAMENTO NAZIONALE.
Proponiamo la data di domenica 9 febbraio. Come luogo Firenze.
Chi condivide quest’appello ce lo segnali e lo faccia circolare.
Il Comitato 9 dicembre di Perugia - 8 gennaio 2014»
Questo appello è stato presentato all'assemblea di Padova, il 19 gennaio, in cui si sono ritrovati i rappresentanti di 16 presidi del centro-nord, che lo hanno sottoscritto in pieno.
In pochi giorni abbiamo ricevuto altre adesioni inattese, contando almeno una trentina di presidi e comitati. Tenendo conto delle esigenze generali, si è deciso di posticipare l'assemblea nazionale a domenica 16 febbraio a Firenze con inizio alle ore 10:00 (presso ex Scuola E. Morante, Via G. Orsini 44. Zona Firenze Sud).
Un'assemblea molto importante, che dovrà riordinare le fila del Movimento, indicare le prossime iniziative di lotta e, soprattutto, assicurare la sua indipendenza. A questo scopo dovrà essere ribadita e precisata la piattaforma iniziale, si dovrà decidere come costruire una più larga alleanza, se, come anche noi pensiamo, occorre dare vita ad un vasto, plurale ma unitario Comitato di Liberazione Nazionale che raccolga tutte le forze sociali e politiche che vogliono cacciare la casta di ladri, riconsegnare al popolo piena sovranità, uscire dalla gabbia dell'Euro(pa), difendere e applicare la Costituzione.
Non ci facciamo facili illusioni. Sappiamo che sarà un'assemblea difficile, tante saranno le voci, le idee, le critiche, le istanze. Tutti saremo chiamati ad una grande prova di maturità, ad ascoltare e ad essere ascoltati.
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