domenica 31 gennaio 2016

COMITATO PER IL NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE di Alfiero Grandi

In vista dell'incontro che si terrà domani pomeriggio a Perugia, per la nascita anche in Umbria di un Comitato per il NO al referendum costituzionale, pubblichiamo di seguito l'ntroduzione di Alfiero Grandi all'assemblea nazionale del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, tenutasi ieri, sabato 30 gennaio 2016, con ordine del giorno le modifiche costituzionali e la legge elettorale; gli effetti sulla forma di Stato e sulla forma di Governo; le azioni di contrasto all’Italicum.

 «L’iniziativa dell’11 gennaio è riuscita molto bene, ci ha fornito indicazioni importanti. La risposta che abbiamo dato presentando il Comitato per il No nel referendum costituzionale è stata ad un ottimo livello di credibilità grazie al ruolo svolto dal presidente Alessandro Pace e dagli altri oratori (Besostri, Carlassare, Ferrara, Azzariti, Rodotà, Villone, Zagrebelsky), tanto che abbiamo spinto altri (centro destra e centristi) a costituire il 20 gennaio un loro comitato.

La presenza di più Comitati per il No consente a ciascuno dei raggruppamenti di rivolgersi a sensibilità culturali e politiche diverse, senza cadere in mediazioni defatiganti, forse impossibili.

Noi dall’inizio abbiamo sottolineato le ragioni di merito che ci portano a rifiutare queste modifiche della Costituzione, perché riteniamo che il combinato di queste modifiche costituzionali con la nuova legge elettorale porterebbero ad uno stravolgimento dell’assetto istituzionale delineato dalla Costituzione nata dalla Resistenza, con gravi conseguenze non solo sulla effettiva rappresentanza politica ma anche sul merito delle scelte politiche, come dimostra un lungo elenco di problemi su cui sta maturando una richiesta referendaria perché il governo ha rifiutato di confrontarsi con i sindacati, associazioni, ecc. imponendo la sua volontà grazie ai numeri parlamentari alterati dal porcellum. Una sorta di anticipazione del futuro.

Invece la destra non si sottrae alla sfida lanciata da Renzi, inusuale e sbagliata, che il referendum sarebbe non sul merito delle scelte ma pro o contro il Presidente del consiglio. Del resto la destra ha partecipato fino ad un certo punto a queste scelte.

E’ evidente che Renzi tenta di spostare il confronto dal merito delle scelte che il governo ha imposto al parlamento sia sulla Costituzione, approfittando dei numeri parlamentari drogati dal porcellum, che sulla legge elettorale, che è stata approvata con un uso esagerato e improprio di voti di fiducia su una materia che invece dovrebbe essere affrontata con spirito di garanzia verso tutte le culture politiche.

O con me o contro di me, o approvate o me ne vado; sono gli slogan che si vanno delineando e che alterano il merito delle differenze. Si potrebbe rispondere stai sereno, altri possono guidare un governo, almeno per il periodo necessario ad approvare una nuova legge elettorale per la Camera e il Senato e mantenere in sicurezza i conti pubblici. Ma noi non cadremo nella trappola mediatica e politica di Renzi e insisteremo sul merito delle modifiche alla Costituzione e sulla legge elettorale che non condividiamo perché la governabilità viene ottenuta alterando in modo esagerato il risultato elettorale. Spiegheremo testardamente le ragioni che ci portano a respingere le modifiche alla Costituzione e la legge elettorale ipermaggioritaria per il rapporto inscindibile che le lega.

Dopo l’iniziativa dell’11 gennaio sono arrivate migliaia di adesioni al Coordinamento e al Comitato per il NO nel referendum costituzionale. Per questo ora possiamo e dobbiamo proporci una svolta, con l’obiettivo di mettere solide radici, anzitutto costruendo un finanziamento di massa con quote anche modeste ma in grado di sostenere una campagna referendaria lunga e difficile, che vede in campo una sproporzione di mezzi enorme. Non possiamo dire che le oligarchie vogliono affermare il loro potere e immaginare che ci lasceranno fare una campagna referendaria in condizioni di parità, a meno che noi saremo capaci di dare vita ad una fortissima mobilitazione come è avvenuto nei referendum del 2011, cercando di convincere soprattutto gli astenuti e gli indifferenti che è in gioco qualcosa di decisivo e che la qualità della democrazia in Italia dipende molto da loro, dal loro contributo di passione politica.

Il governo ha tentato di imbrogliare su chi ha chiesto il referendum e poi di manomettere i tempi di effettuazione del referendum costituzionale. Ha imbrogliato quando ha finto di concedere il referendum pur sapendo che l’articolo 138 prevede l’immediata promulgazione della legge di modifica della Costituzione solo quando è approvata dai 2/3 dei parlamentari nella seconda votazione. Il governo sapeva che non avrebbe raggiunto i 2/3 dei consensi malgrado il premio di maggioranza dichiarato incostituzionale dalla Corte. Ricordiamoci che sulla modifica dell’articolo 81 è stata – purtroppo – raggiunta la maggioranza dei 2/3 e non è stato possibile effettuare il referendum, che non a caso viene definito oppositivo, cioè immaginato per consentire a chi non è d’accordo con una modifica della Costituzione, se approvata con meno dei 2/3, di chiedere il referendum. Lo possono fare il 20% dei parlamentari, 5 regioni, 500.000 elettrici/elettori.

Sappiamo già che il referendum può essere chiesto perché il Senato non ha raggiunto i 2/3 di voti a favore ed è per di più prevedibile che accadrà anche alla Camera. Non a caso l’11 gennaio scorso abbiamo annunciato che avevamo registrato l’impegno di almeno 126 deputati a firmare per chiedere il referendum, atto che ovviamente possono fare solo dopo l’approvazione definitiva, verso la metà di aprile, e ancora non c’era stato il pronunciamento della destra e dei centristi.

Il tentativo del governo di far credere che il referendum è una sua concessione è destituito di fondamento. Se avesse raggiunto i 2/3 la legge sarebbe entrata in vigore immediatamente dopo la pubblicazione, mentre ora sarà pubblicata ma valida solo se il referendum l’approverà.

A questo si è aggiunto il tentativo del governo di accelerare i tempi per l’effettuazione del referendum costituzionale insieme alle prossime amministrative, tentando di forzare Costituzione e norme vigenti. Non siamo d’accordo perché le modifiche della Costituzione debbono essere valutate dagli elettori senza condizionamenti di altra natura, in una discussione di massa dedicata a questo argomento, qualunque ne sia l’esito. Difendiamo le garanzie che discendono dalle disposizioni legislative in essere da cui deriva il tempo necessario per lo svolgimento di una vera campagna elettorale nel merito delle scelte. Presenteremo in ogni caso il quesito per la raccolta delle firme per il referendum costituzionale appena la legge sarà pubblicata sulla gazzetta ufficiale. Raccolta di firme che effettueremo solo se sarà indispensabile, perché abbiamo bisogno di dedicare le nostre energie e il tempo che ci sta davanti, alla raccolta delle firme per i 2 referendum abrogativi sui 2 quesiti che abbiamo depositato sulla legge elettorale.

Concentrarci solo sul referendum costituzionale sarebbe un errore, perché il risultato negativo sulle regole democratiche viene esattamente dall’insieme delle modifiche costituzionali e dalla legge elettorale. La presentazione del quesito per il referendum costituzionale serve a ottenere dalla Corte di cassazione l’attestazione che è in campo un’iniziativa di raccolta delle firme popolare e a fare sapere al governo che deve garantire che questa possa avvenire nei tempi previsti, altrimenti faremo valere in ogni sede questo diritto. Ai parlamentari facciamo presente che se non manterranno gli impegni presi siamo pronti a raccogliere le firme. Ricordiamo al governo Renzi che il governo Amato nel 2001 decise correttamente, di fronte al deposito del quesito referendario popolare di lasciare il tempo previsto dalla legge al manifestarsi delle diverse volontà (parlamentari, regionali e popolare) senza tagliare artificialmente i tempi. Questa decisione del governo Amato ha l’ufficialità della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e quindi il governo Renzi farebbe bene a desistere da tentazioni di stravolgimento non solo della Costituzione ma anche delle garanzie previste dalle leggi e confermate da precedenti governi.

Renzi, in realtà, deve essere un poco preoccupato, per questo ha scelto di stravolgere il senso del referendum ponendo in pratica la fiducia su di sé. Il governo ha largamente abusato in parlamento della richiesta di fiducia per fare approvare i suoi provvedimenti di legge, senza riguardo al fatto che questo parlamento è stato eletto con modalità dichiarate incostituzionali dalla Corte. Ora arriva a porre la fiducia nel voto del referendum.

Il governo sta preparando una campagna di propaganda martellante e molto costosa - che temo pagheremo tutti noi - per convincere le elettrici e gli elettori.

La nostra risposta non può che essere quella di fare appello ai cittadini, alla loro partecipazione, al loro contributo. 

Già oggi la concentrazione di appoggio mediatico al governo è enorme. Dobbiamo reagire, chiedendo l’aiuto di tutti. Chiederemo a tutti gli organi di garanzia di fare il loro mestiere, non solo durante la campagna elettorale ma a partire da subito, pretendendo parità di diritti anche a chi ha, come noi, una posizione contraria già nell’avvio della campagna per il no e per la raccolta delle firme per abrogare le norme della legge elettorale.

Cercheremo con le forze che abbiamo, intellettualmente brillanti ma finanziariamente modeste, di reagire. Molti aderenti stanno chiedendoci di affinare gli slogan elettorali, di semplificare il messaggio ed è giusto provarci, rispondendo colpo su colpo.

A chi dirà che sono stati tagliati i posti in parlamento dovremo rispondere che è stato ignorato un ddl nato proprio nel Pd che proponeva con meno parlamentari complessivi un equilibrio numerico accettabile tra camera e senato, senza mantenere l’attuale bicameralismo perfetto. Il Senato invece è ridotto da queste modifiche costituzionali ad un ectoplasma, con ben 10 modalità di partecipazione ai compiti legislativi (alla faccia della semplificazione) come ha calcolato il prof. Azzariti, con componenti che non verranno eletti e quindi non risponderanno agli elettori e questo - come ha detto più volte il prof. Pace - contraddice i principi fondamentali della Costituzione. Il Senato avrà componenti che non avranno né il tempo, né la voglia di svolgere i compiti loro assegnati perché sono stati eletti per fare i sindaci e i consiglieri regionali e dedicheranno il tempo libero all’attività parlamentare.

L’elettività di tutti i parlamentari è un principio fondamentale inderogabile

Il futuro Senato inoltre non avrà mai i numeri sufficienti per garantire un minimo di effettiva rappresentanza politica e malgrado questo eleggerà 2 giudici costituzionali, interverrà sugli altri organi di garanzia costituzionale e per di più dovrebbe rappresentare le autonomie locali e le Regioni, per ironia della sorte: proprio quando vengono ridotti i loro poteri.

Un autentico pasticcio e un grande imbroglio.

A chi dirà che diminuiranno le spese per la politica ricorderemo che spendere meno in questo caso è spendere peggio perché il Senato diventerà una sorta di dopolavoro di lusso, mentre la Camera dei deputati, unico organo che darà la fiducia al governo, resterebbe esattamente come è ora, con la differenza di fondo che il suo ruolo è ribaltato rispetto al governo. Infatti ora è il parlamento che decide (o dovrebbe farlo) gli indirizzi politici e il governo è un esecutivo che ne attua le leggi, in futuro grazie ai meccanismi di modifica della Costituzione ci sarà oltre a un accentramento dei poteri nel governo anche una subalternità della Camera al governo che ne decide l’agenda, sommando all’uso smodato dei decreti legge la possibilità per il governo di obbligare la Camera ad approvare entro 75 giorni i suoi provvedimenti di legge.

In realtà la Costituzione cambiata da Renzi avrà al centro il governo, renderà subalterno il parlamento, influenzerà in modo pesante tutti gli organi di garanzia e le autonomie che la Costituzione nata dalla Resistenza ha previsto per impedire che l’Italia potesse slittare verso l’uomo solo al comando.

Il sindaco d’Italia o il premierato forte, non ha molta importanza la definizione, è esattamente un uomo solo al comando, per di più rafforzato dall’essere anche il leader del partito di maggioranza e quindi determinante nella nomina di fatto dei parlamentari. Se le modifiche della Costituzione andassero in porto e questa legge elettorale restasse in vigore; malgrado i ricorsi a raffica presentati nei tribunali dei capoluoghi dal gruppo di avvocati guidato da Felice Besostri e l’iniziativa referendaria per abrogare 2 punti salienti della legge elettorale, il futuro governo potrebbe decidere di abusare dell’enorme premio di maggioranza per completare il percorso delle modifiche istituzionali.

Non ci è sfuggito che importanti Banche di affari abbiano chiesto esplicitamente all’Italia come agli altri paesi europei di abbandonare le Costituzioni democratiche nate dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Anche se noi dobbiamo mantenere una capacità di argomentazione e dobbiamo ribattere punto per punto nel merito è chiaro che i messaggi di fonte governativa tenderanno alla semplificazione. Quindi dobbiamo impegnare noi stessi e soprattutto farci aiutare da chi ne ha le competenze, chiedendo a tutti coloro che sono in grado e vogliono farlo di aiutarci a rispondere con immagini efficaci. Padellaro domenica scorsa ha messo il dito nella piaga, ma non basta che figure che consideriamo amiche ci dicano quali sono i nostri limiti, in parte almeno li conosciamo già, occorre che ci aiutino sapendo che allo stato non abbiamo neppure le risorse per commissionare progetti e tanto meno per acquistare spazi sui media.

Ci rivolgiamo a tutti: aiutateci a fare meglio, non limitatevi a contemplare i nostri limiti, sono in gioco la Costituzione, la qualità della democrazia italiana e questo riguarda tutti. La democrazia si esercita parteggiando nelle scelte di fondo e ci auguriamo che tanti capiscano che in questo caso occorre più che mai parteggiare e occorre farlo come scelta gratuita, perché noi non avremo mai i mezzi che altri stanno mettendo in campo. Saremo forti se sapremo mobilitare le energie disponibili, se faremo sentire importanti le persone, contando sulle loro energie, sulla loro intelligenza e volontà di partecipazione e riscatto. Come abbiamo visto sono tanti che hanno ancora voglia e chiedono solo di essere messi in grado di farlo. Dobbiamo incoraggiarli ad impegnarsi, dobbiamo rivolgerci ad altri per convincerli ad abbandonare l’astensione, che vale ancora la pena di impegnarsi. Tanti sono nell’astensione, nel disincanto, si ritraggono da una politica insopportabile. Noi chiediamo loro di portare la loro parte di fardello insieme a noi per sconfiggere questa svolta che se non è una torsione autoritaria gli assomiglia molto.

Pensate a una scelta su guerra e pace, tema tornato purtroppo di attualità. Una Camera eletta con un premio di maggioranza enorme decide a maggioranza su proposta del governo, il cui capo, in quanto segretario del partito, è stato decisivo nella scelta dei parlamentari, di fatto nominati per almeno i 2/3. il Senato non può più bilanciare le decisioni della Camera e quindi di fatto il Presidente del Consiglio decide sullo stato di guerra del nostro paese, senza contrappesi istituzionali in grado di fare pesare la volontà popolare e infischiandosene dell’articolo 11 della Costituzione, peraltro già più volte maltrattato.

Nelle prossime settimane dovremo costruire il nostro radicamento locale, in tutte le città e in tutti i luoghi in cui è possibile, anche i più piccoli. Se altri contano sullo strapotere mediatico cercheremo di contrastarli, ma la nostra vera forza sarà nelle persone che sapranno cogliere quesa occasione per reagire. Dopo i referendum del 2011 si cercò di capire come era stato possibile vincere sia la battaglia per riportare al voto la maggioranza degli elettori dopo 25 anni che ad ottenere la maggioranza dei voti per l’abrogazione in materia di acqua pubblica e nucleare. La risposta principale fu trovata in circa 2 milioni di persone che si erano mobilitate, magari occasionalmente. La situazione oggi è diversa. In Emilia Romagna ha votato il 37 % degli elettori, eppure non c’è stata una reazione preoccupata, adeguata. Eppure sentiamo che uno spazio c’è, molti potrebbero tornare ad impegnarsi, chiediamogli di tornare a votare, di cogliere questa occasione, di impegnarsi con noi.

I comitati locali sia sul No alle modifiche costituzionali, sia per l’abrogazione di 2 norme fondamentali della legge elettorale debbono essere concepiti come coordinamenti di tutti coloro che vogliono partecipare, senza esclusioni, senza avanguardismi di sorta.
 

Tutti dentro alla pari e nessuno escluso. Nessuno che prevale su altri, tutti impegnati alla pari nella stessa battaglia. Noi siamo impegnati a fare rispettare queste regole essenziali. Ricordo che il coordinamento nazionale ha finora lavorato su un accordo di fondo, raggiunto discutendo liberamente, senza incarichi particolari, ma sulla fiducia reciproca.

Il referendum per respingere le modifiche della Costituzione come i 2 abrogativi sulla legge elettorale - premio di maggioranza e ballottaggio che la fanno assomigliare fin troppo al porcellum e diritto degli elettori di eleggere tutti i loro rappresentanti - sono l’ultima occasione per impedire una deriva. Dopo tutto diventerà più difficile. Una Camera asservita approverebbe tutto quanto il governo propone. In questo c’è certamente anche un aspetto difensivo. Del resto il governo è stato sordo ad ogni ripensamento e ha fatto della prepotenza e dell’arroganza un tratto distintivo della sua azione ed è quindi inevitabile che in questo momento prevalgano le ragioni del rifiuto dei provvedimenti, che se approvati renderebbero molto difficile tornare indietro.

Ci rendiamo conto che occorre anche costruire proposte positive, che non tutto va lasciato com’è, ma questo sarà possibile con un parlamento eletto in modo non drogato dai premi di maggioranza e aperto ad un vero confronto politico, comprendente la maggioranza reale del paese, non una maggioranza finta che in realtà rappresenta una minoranza di elettori. Comunque dedicheremo tutta la nostra attenzione, come giustamente ha insistito più volte Azzariti, alla costruzione di proposte, anche se in questo clima non sarà semplice. Ad esempio non siamo contrari alla scelta che solo la Camera dia o tolga la fiducia al governo, ma cosa c’entra con questo il Senato delineato dalla Renzi- Boschi e cosa c’entra con i compiti di garanzia promessi ma inesistenti? Meno ancora c’entra questo senato con il Bundesrat tedesco. Perché il governo è stato tanto sordo? Per desiderio di potere, certamente, ma soprattutto perché subisce l’influenza di chi vuole che l’Italia subisca le regole dell’austerità, introietti un modello sociale sostanzialmente autoritario, in cui c’è chi governa e chi è governato, punto.  

L’ascesa delle classi popolari al governo sparisce dall’orizzonte di queste modifiche. In futuro si punta ad intervenire ben più pesantemente di quanto non sia stato fatto finora nello stato sociale, nella scuola, nelle regole e nei diritti del mondo del lavoro. Sullo sfondo la finanziarizzazione di tutti gli aspetti solidali appare chiarissima. Un’oligarchia dominante vuole che risulti chiaro chi comanda e quali sono le gerarchie preposte a decidere nei vari campi. Questo richiama una torsione neoautoritaria. Ripensiamo a lavoro, scuola, ambiente, Rai. L’attacco alle rappresentanze, il dileggio verso il sindacato, il preside decisore solitario, sono solo alcuni aspetti propedeutici a fare passare questa riduzione degli spazi di democrazia. Per questo siamo contrari ad una democrazia ridotta solo al voto ogni 5 anni, alla delega totale ai governanti, con il corollario di rendere difficile espugnare la maggioranza uscente. Secondo Renzi- Boschi nell’arco dei 5 anni, chi ha ottenuto il mandato decide e basta. Cosa c’entra questo schema con la Costituzione italiana? C’entra con i gruppi di potere, con le oligarchie che comandano, con l’occupazione di tutti gli spazi di governo, con reti di potere opache che occupano le postazioni, in questo in sintonia con le tecnocrazie europee che si sono assunte il ruolo di sacerdoti dell’austerità ad ogni costo e stanno portando l’unità europea al momento più difficile della storia. E’ difficile capire la coerenza di Renzi nei rapporti con l’Europa: prima abbandona Tsipras al suo destino per ottenere qualche zero virgola di tolleranza europea sul deficit e oggi strilla perché i denari pagati sono meno dei 30 promessi.

Per questo legge elettorale e Costituzione vanno insieme, sono 2 facce della stessa medaglia, insieme portano al risultato. Dobbiamo decidere se e come avviare la raccolta delle firme per arrivare ai 2 referendum elettorali nei mesi di aprile, maggio, giugno. La nostra iniziativa ha incoraggiato altre parti della società ad avere coraggio a loro volta, malgrado sconfitte pesanti. La Cgil ha in corso una consultazione degli iscritti su una proposta di legge di iniziativa popolare per i diritti di tutti i lavoratori, senza distinzione, e raccoglierà le firme su questa proposta. A questo ci dicono si accompagnerà una iniziativa referendaria su alcuni punti della legislazione recente sul lavoro che sono in contrasto con questa proposta legislativa. Il mondo della scuola sta maturando una iniziativa referendaria. Siamo sempre stati molto vicini e attenti a questa iniziativa e ringraziamo il prof Villone, presidente del nostro Comitato per l’abrogazione delle 2 norme della legge elettorale, di avere accettato di aiutare questo percorso del mondo della scuola. Siamo sempre stati favorevoli a che sia il mondo della scuola il protagonista delle iniziative che lo riguardano, come del resto in tutti i settori, lavoro, ecc.. Altri si stanno muovendo su argomenti che riguardano l’ambiente, la Rai. Guardiamo con interesse a quanti stanno prendendo coraggio, a tutti va detto, come abbiamo sempre detto a noi stessi, che occorre valutare con attenzione le forze e l’impegno che comporta una battaglia referendaria.

Inoltre non possiamo dimenticare che dopo la decisione di ammissibilità della Corte è in campo un referendum proposto dai No triv, promosso attraverso le regioni, che allo stato è probabile si svolgerà nella prossima primavera. Noi l’appoggeremo pienamente.

Si prospetta quindi una campagna di raccolta firme in aprile, maggio, giugno a cui non possiamo certo mancare dopo avere incoraggiato altri con la nostra iniziativa. La raccolta delle firme farà tutt’uno con l’avvio della campagna elettorale vera e propria per il No sulle modifiche della Costituzione che sarà la prima ad essere combattuta.

Dobbiamo parlare tra noi con serietà di questa scelta. Raccogliere più di mezzo milione di firme per chiedere il referendum sulla legge elettorale è un impegno titanico per chi come noi non ha un’organizzazione consolidata. Per questo abbiamo deciso di convocare il consiglio direttivo del Comitato che ha depositato le firme per l’12 febbraio prossimo con il compito di prendere le decisioni conclusive. Per quella data occorre che siano formati i comitati locali, che ci arrivino impegni precisi e quantificati sulla raccolta delle firme. Noi cercheremo di organizzare la stampa dei moduli, di avere un quadro chiaro dei possibili certificatori senza i quali le firme non sono valide, di raccogliere gli impegni di quanti ci appoggeranno, ma la chiave di volta per riuscirci è la certezza che entro la fine di giugno noi saremo in grado di raccogliere il grosso delle firme necessarie, perché avremo certamente aiuti e sostegni ma nessuno si farà carico del risultato al posto nostro. Siamo orgogliosi che l’Anpi abbia deciso di aderire alla battaglia sulla Costituzione e sulla legge elettorale, inseriremo i suoi rappresentanti nei 2 consigli direttivi e in tutti i comitati locali. Siamo grati al sostegno dell’Arci, che chiarirà nei suoi organi dirigenti la natura esatta del sostegno. Sappiamo che anche dal sindacato arriveranno appoggi e contributi, che hanno tempi diversi per l’impegno della consultazione degli iscritti e per quelli dei rinnovi contrattuali, ma la chiave è sempre e comunque il vostro/nostro impegno. Senza dimenticare che il nostro impegno sarà decisivo per attivare i contributi degli altri soggetti a livello locale, perché non basterà avere decisioni nazionali positive ma occorrerà verificarle e consolidarle a livello locale e per certi aspetti potrebbero essere migliorate.

Ce la possiamo fare ma dobbiamo avere piena consapevolezza delle difficoltà, sarebbe un serio problema presentarci nella campagna elettorale per il No sulle modifiche alla Costituzione senza avere raggiunto il numero necessario di firme per i referendum sulla legge elettorale. Naturalmente c’è sempre la speranza che l’iniziativa presso i tribunali dia risultati in tempo per evitare di spendere tante energie, purtroppo l’esperienza ci dice che troppo spesso abbiamo avuto ragione ma troppo tardi. Quindi dobbiamo tentare tutti insieme, fino in fondo, di arrivare a raccogliere le firme necessarie per i 2 referendum abrogativi come aspetto di un’unica campagna contro questa deriva istituzionale.

Tra la nostra raccolta e le altre stabiliremo un rapporto di reciproca collaborazione, la più stretta possibile.

Ora abbiamo le risorse per partire e istituiremo i siti dei 2 Comitati, collegati a quello del Coordinamento, nel frattempo occorre che le adesioni crescano il più possibile e diventino anche sostegno finanziario: tante quantità modeste possono dare grandi risultati.

Tutti insieme, nessuno escluso, senza avanguardismi, questo è il criterio ispiratore per formare i comitati locali.

Questo parlamento avrebbe dovuto agire ispirandosi ad un criterio di prudenza visto che ha sulla testa il dubbio legittimo, dopo la sentenza della Corte, di essere stato eletto con un sistema incostituzionale. Non è stato così. Guardiamo a questa campagna referendaria anche come l’occasione per i cittadini di riprendere nelle loro mani il destino del paese, senza farsi ricattare e senza allontanarsi da una realtà che può, legittimamente, non piacere, ma facendo prevalere la volontà di farsi sentire.
Da una vittoria delle ragioni della Costituzione e della democrazia non può venire certo un danno, se altri la pensano diversamente è affar loro, l’Italia ha risorse per reagire ai ricatti e aprire una via positiva a quella che potrebbe diventare una china inarrestabile, in cui la rottamazione diventa solo l’alibi per prendere il posto di chi c’era prima, con nuovi circoli di potere, con nuovi affari, con nuove signorie, ma con una sostanza vecchia e stantia.

Quello proposto non è il nuovo ma è un vecchio che prende il posto dell’altro, ugualmente inaccettabile, ma noi non faremo da spettatori alla disputa tra gruppi di potere, anche perché sappiamo che se consentiremo il consolidamento di questo sistema il risultato sarà ancora una volta maggiore estraniazione e allontanamento dalla vita politica, dalle scelte, da parte dei cittadini. Il contrario del sogno dei padri costituenti. Semmai il sogno di Marchionne e dei suoi sodali.  

Se passa questo disegno la vita delle persone verrà stravolta, non è vero che non li riguarda, che riguarda solo gli addetti ai lavori e la casta. E’ esattamente il contrario.

Abbiamo rispetto per il Presidente della Repubblica, gli chiediamo di vigilare sul rispetto delle regole e con lo stesso rispetto gli ricordiamo che ha il compito di custodire al meglio la Costituzione della nostra Repubblica.

Facciamo sentire alta e forte la nostra voce, invitiamo tutte le energie sane del paese a impegnarsi insieme a noi. Il vecchio è il nostro nemico e chi intacca le garanzie democratiche previste dalla Costituzione è certamente vecchio e per di più non fa che ripetere tanti tentativi precedenti finora falliti, mentre la Costituzione è un valore fondante ed è il nuovo migliore oggi all’orizzonte».

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